CORONAVIRUS, COVID-19
le istituzioni, i vecchi e la libertà di morire


note e citazioni su problemi sociali
a cura di

Valter Vannelli






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Per una informazione istituzionale corretta e responsabile
Noi, anziani, siamo un peso; ma non siamo stupidi


     Questa pagina è suggerita da quanto emerge da quotidiani nazionali o locali sull'andamento epidemico in atto dal 21 febbraio all'inizio di questa terza settimana di marzo 2020, con riferimento alle strategie, regie della comunicazione e processi informativi adottati in merito alla gravità o meno del contagio di anziani e d'altre persone soggette a patologie diverse.

     In merito, un segnale finalmente significativo si riscontra in un articolo del medico Daniele Macchini, pubblicato sul Corriere della Sera del 7 marzo 2020, con il titolo
Coronavirus a Bergamo, medico Humanitas su Facebook: «Situazione drammatica, altro che normale influenza».
Lo stesso testo si trova in “Noi in trincea contro il Covid-19, senza di voi perdiamo": parla un medico di Bergamo. apparso sulla stampa nazionale l'11 marzo 2020.

     Segue un'altra pagina non meno drammatica, con l'intervista di Marco Imarisio al dott. Giuseppe Remuzzi, pubblicata sul Corriere della Sera del 13 marzo 2020, nella quale l'accento è portato "sulla gente terrorizzata di andare in ospedale" perché "Questa non è una malattia benigna. Non è una influenza. È una malattia di cui si muore". Coronavirus, cosa sta succedendo a Bergamo. Remuzzi: «È un dolore enorme vedere i tuoi amici cadere. Serviva la zona rossa» _ «Se dovessi ammalarmi direi a chi mi assiste di intubare un paziente giovane, non me».
    
     Altro editoriale della stesso giorno, quello di Maurizio Ferrera "Coronavirus, i medici e la dignità dei pazienti", sul Corriere della Sera del 13 marzo 2020, che a sua volta registra una situazione non solo oggettivamente complessa, ma anche allarmante dal punto di vista umano.
Con riferimenti a un Servizio sanitario nazionale - nel quale i medici operano in libertà e non subiscono i diktat della burocrazia, "sul versante delle terapie intensive" - questa pagina è, su un aspetto delle professione medica, ancora più esplicita.
Vi si legge: "In molti contesti si devono fronteggiare scelte "tragiche": a chi dare precedenza nell'accesso ai presidi terapeutici disponibili, molto inferiori alle necessità? Dalle risposte che si danno può dipendere persino la sopravvivenza dei pazienti".
     ...
     Di fatto, egli nota, "Manca il tempo per riflessioni articolate. La pressione esterna, lo stress, l'incertezza clinica e in particolare la scarsità di risorse obbligano a decidere in fretta, ad attraversare l'area grigia [il cosiddetto bedside rationing] il più rapidamente possibile".
Per cui, "Può sembrare poco opportuno aprire ora un dibattito su questi delicatissimi aspetti. Tuttavia, per chi si ammala, per i suoi familiari, in realtà per tutti i cittadini, la certezza di essere ben curati e di non subire discriminazioni è un bene preziosissimo. E' giusto che questa certezza venga pubblicamente confermata. E che siano chiari i criteri con cui gli ospedali filtrano, se costretti a farlo, l'accesso alle cure."

     Rilevo, infine, quanto dichiarato dal Prof. Giuseppe Remuzzi il 15 marzo per LA7, Non è l'Arena: "Si tratta di pandemia globale"; accomiatandosi non prima di aver concluso, con tono ammonitivo, "Non è un'influenza".

     Le fonti sono autorevoli, responsabili, informate. Gli editoriali e gli articoli, argomentati. Vale leggerli integralmente, e meditarli; come altri, cartacei e televisivi, non citati, che tuttavia si inseguono in tempo reale con toni non meno preoccupanti, senza soluzione di continuità.
    

     *
    
     C'è da restarne sgomenti, anche da parte di chi, per esperienza e prudenza, già dubitava, e non poco, della situazione rassicurante sino allora prospettata (di una influenza più seria di altre, e tuttavia sotto controllo o non allarmante).
Quello che infine sgomenta e spaventa è la situazione sanitaria in genere; e, in particolare, quella nei confronti delle figure più fragili - anziani e altri. Quello che non può stare bene, e offende, è il modo riduttivo con il quale i portavoce delle istituzioni (con comunicazioni disorganiche, orali, senza tabelle, e con più voci pure per sillabare qualche numero) hanno cercato il più a lungo possibile di non rendere davvero chiara una situazione in realtà pandemica, dai prevedibili sviluppi drammatici anche a livello nazionale e globale. ...
     Per almeno due settimane, rappresentanti delle istituzioni, scienziati e specialisti vari e autorevoli ci hanno rassicurato sugli effetti del coronavirus, stimati non molto dissimili da quelli di una comune influenza stagionale, dalla quale tuttavia riguardarci per effetti collaterali, seri ma statisticamente poco rilevanti.
     Progressivamente, l'Italia è entrata per parti in quarantena, con gli anziani (già costretti in casa) ancora più isolati. Una cautela che chi di noi avesse avuto giudizio l'avrebbe cominciato a metterla in atto prima, come è pensabile sia stato per i più.
     Siamo così al dato critico che questa pagina intende rilevare.
     Dopo tante sollecitazioni, e nonostante i provvedimenti presi - necessari, straordinari, e (salvo questo rilievo) condivisi - la verità che interessa numerose generazioni di anziani è stata e resta nascosta o rigirata tra le pieghe di comunicati e di dati tanto reiterati, premurosi e pressanti - specie sulle figure fragili - quanto reticenti e insinceri; smussati per di più da opinioni contradditorie, statistiche disomogene e, non bastasse, da riferimenti a pretestuose condizioni pregresse.
     Infine, solo il 9 marzo è stato detto davvero di stare in casa, tutti; d'essere prudenti e riguardarsi per sè e gli altri, come un dovere civile; e quindi di stare alla larga da estranei, conoscenti, amici e familiari.
     E, nel caso di febbre con alcuni sintomi, di chiamare il proprio medico; lo stesso, in genere anziano e con una marea di altri pazienti.
     Di seguito, ma non subito, di rivolgersi a un centralino, nella speranza di trovarne uno che davvero risponda. E comunque, nel caso, di dichiarare l'età e poi, dopo, di rispondere alla richiesta d'altri dati; una priorità, quella dell'età, che da sola lascia intendere come chi abbia ottanta o novant'anni - anche se ha lavorato per più di quarantanove e pagato tasse e contributi per quasi settanta - abbia ben poco da sperare e ancor meno da attendersi.
     Ne deriva che se in caso di necessità riesci in qualche modo ad arrivare al Pronto Soccorso, o nei pressi, quello che ti aspetta è stato ben descritto o sottinteso negli articoli destati dai medici citati.
     Nelle circostanze attuali, non si tratta di contestare leggerezze e responsabilità; non a chi ad ogni livello, istituzionale o meno, si è dato davvero da fare; e meno che mai a medici o personale ospedaliero, i primi a prodigarsi e ad esporsi al contagio.
     Si tratta, a questo punto, di constatare o meno l'esistenza e l'operatività di protocolli su precedenze, per effetto dei quali per le persone davvero vecchie, salvo eccezioni, già non c'è più spazio, e nelle prossime settimane ce ne sarà ancora meno.
     Protocolli e procedure per le quali sarai selezionato, si; ma per lasciare doverosamente la precedenza ad altri, più giovani o con maggiori probabilità di farcela. Si tratta di ammettere, come anticipato in modo comunque tempestivo dal primo ministro Boris Johnson alla sua nazione (con la frase «Molte famiglie perderanno i loro cari») che anche tu potrai essere scartato e destinato a morire. E anche male, da cane di strada, visto che (nelle circostanze che si prospettano) nessuno avrà modo o interesse a occuparsi di te.
     E' da questo dato che a lungo, troppo a lungo e non poco si è scantonato, che dalle istituzioni non è stato detto, e che probabilmente si è fatto in modo che neppure i medici potessero farlo intendere come alcuni di loro avrebbero preferito davvero.
    


Coronavirus, Covid-19 / Conclusioni, in breve

     L’Italia si dice parte del contesto politico ed economico europeo; e per i principi fondativi e costituzionali - liberali e democratici - si rifà alla illuministica e laica triade di “Liberté, Égalité, Fraternité”.
     Dal secondo dopoguerra, le attività e la responsabilità individuali sono indirizzate da istituzioni, pubbliche e private, inclusive; da classi di governo che di fatto gestiscono la produzione e la distribuzione di ricchezze e di informazioni in relazione (a beneficio o a scapito) di maggioranze relative in gran parte subordinate in modo diverso e funzionale a ignoranza, precarietà, povertà, emarginazione; non bastasse, a mentalità e costumi cattolici.
     Non a caso le istituzioni pubbliche tassano il lavoro, le cure mediche e i beni culturali non meno del fumo, dell'alcol, del gioco, dei profitti da capitale. Patrocinano e finanziano spazzatura, ma sono sorde alle istanze della ricerca, dell'istruzione e della formazione critica e civile dei cittadini; così come sembrano non rendesi conto delle difficoltà di potersi curare, della droga che circola fuori dei cancelli delle scuole, della delinquenza anche giovanile; per non dire degli evasori, e dei tanti ladri come loro.
     Con la sopraffazione dei diritti e delle responsabilità individuali - nell'economia, nel lavoro, nei rapporti sociali - la fiducia viene meno. Con quella, i buoni sentimenti e la fraternità, condizioni e cemento di relazioni davvero umane, cedono anch’essi al disinteresse, al cinismo, alla polverizzazione di ogni tipo di comunità.
     In un paese siffatto, incapace di programmare strategie preventive, incapace di gestire l'ordinario senza ricorsi a strumenti straordinari, possiamo continuare a non voler vedere; a credere nella buona sorte, in un cielo benigno; nelle preghiere di un porporato sui tetti del duomo di Milano; ed ad restare indifferenti nei confronti di sprechi, omissioni e abusi, tutti non casuali, quasi sempre mirati al consenso e all'origine di squilibri sociali, che a loro volta sono segno di una perdita crescente di libertà reali e di democrazia.

     Un effetto infine innaturale, prevedibile in una società statisticamente fin troppo anziana, in gran parte di pensionati, è da giorni giunto al pettine; indicativo di una insofferenza tra generazioni che va ben oltre i motivi sanitari addotti.
     Ho ottantanove anni, sono vecchio e sono un peso.
     Un elemento fragile; comunque valido tuttavia, in una pandemia, per smussare con puerili e offensive crudeltà la cruda oggettività di curve epidemiche eccezionali.
     Così è, infatti, in una società disgregata nella quale le diverse istituzioni sanitarie e dell'informazione non hanno avuto l'onestà di ammettere per tempo di non essere in grado di garantire le cure necessarie alla popolazione più anziana; in uno Stato nel quale sarebbe stato più decente non ritardare la comprensione di questa realtà; e non limitarsi a raccomandare di non uscire di casa senza esercitare sanzioni davvero efficaci su comportamenti incivili di mentecatti o sciagurati, lasciando anche per questo persone e famiglie con figure fragili al loro destino.
     ...
     Più responsabile, onesto e rispettoso dei vecchi sarebbe a questo punto distribuire, almeno in questa evenienza e quanto meno agli ottantenni che la richiedano, una pillola utile per una fine sicura, rapida e indolore; e consentire loro - fragili, imperfetti, e tuttavia umani - la libertà di decidere di sè.

     vv, 16 marzo 2020.



Aggiornamenti


Dal Corriere di Torino, 18 marzo 2020: Coronavirus, l’anestesista: «Avrete pazienti stabili che in 30 minuti andranno in insufficienza respiratoria». Massimiliano Nerozzi ai colleghi d'Italia:

«Nonostante la possibilità di usare le macchine per anestesia delle sale operatorie, avrete comunque pochi posti. ... Conservateli per chi potrebbe avere maggiori possibilità di farcela. Arriveranno alla porta della terapia intensiva novantenni e quarantenni, pazienti oncologici e senza comorbilità. Non potrete assistere tutti, dovrete scegliere». ... «Tutti i diagrammi decisionali, su carta, non danno idea di quello che significa scegliere tra chi soccorrere e chi no. ... non è facile immaginare di trovare il modo di spiegare alla famiglia che il caro nonno non è stato ricoverato in terapia intensiva per far posto a un paziente più giovane che ha più possibilità di cavarsela e di farlo occupando il letto per minor tempo». ... "L’obiettivo è quello di aumentare il numero dei sopravvissuti, perché salvarli tutti non si può». ... Bisognerà fare scelte: «Ho preso decisioni difficili, molto, ma in scienza e coscienza. E mi tremano le mani al solo pensarci».


vv, 21 marzo 2020.


Coronavirus, Covid-19 / Senza illusioni, in breve

Vi ricordate delle reti televisive, ma non solo di quelle, impegnate a indottrinare i beoti sul modo di salutare con un colpetto sui piedi, invece di darsi la mano?
Era, pensate, il 29 febbraio, lo stesso giuorno nel quale L'Istituto Mondiale della Sanità riconosceva il dilagarsi del coronavisus come pandemia di interesse generale. Ebbene, era ancora questo il genere di preoccupazioni che ci avrebbe dovuto impegnare solo tre settimane fa, con borgate, città e province già cintate o isolate.
Non le mascherine o altro di precauzionale per preservarci dalla contaminazione di potenziali portatori positivi, in farmacia o altrove.
Non le distanze da mantenere, non rispettate, ancor meno sanzionate in modo esemplare da nessuno.
Queste erano le preoccupazioni dei mass-media e, in modo non troppo diverso, il tono, il senso degli inviti delle istituzioni a riguardarsi, a non svuotare i supermarket; insomma, a fare i bravi, a stare in casa.
Di li a poco i treni si sono riempiti di migranti in fuga da zone diversamente colorate; in modo assurdo, ma legale; perchè, se non lo era, non era comunque diverso da come se lo fosse stato. Dei contatti plurimi e ravvicinati tra quelle folle in pena sono rimaste solo le immagini; che si sappia di sanzioni immediate ed esemplari, nulla.
....
Democrazia non è arbitrio; come governare non è rimediare, ma prevenire; anche con durezza, purchè efficace perché non tardiva.
Quel che di non sempre comprensibile e condivisibile sta succedendo non è attribuibile al decentramento amministrativo, ma alla mancanza di esperienza nel coordinamento tra istituzioni, colte alla sprovvista da un evento indubbiamente eccezionale, ma non meno preavvisato; dunque, da un evento prevedibile, dal quale precauzionarci per quanto si può; informandone senza riserve in modo critico la popolazione con un'azione autorevole e responsabile, dal valore sociale e umano, che non sarebbe costata nulla.
Che altri stiano facendo peggio o più tardi di noi non ci esime dalla responsabilità di ciò che, in grado di fare, non abbiamo fatto.
Al punto che molti come me non hanno nemmeno le mascherine, e non si devono aspettare nulla; se non dare di testa, più di prima, dentro casa. Fino a quando ti adatti al servizio (forzatamente precario) di qualcuno disposto per necessità a darti (in casa, per la spesa e la farmacia) una mano.
Adesso il problema è planetario; ma questo non esime le istituzioni del continente dal coordinarsi per cercare equilibri difficili e tuttavia necessari tra le ragioni della sopravvivenza delle strutture economiche, almeno di quelle essenziali, e la priorità non più differibile della salute pubblica.


vv, 21 marzo 2020.


Coronavirus, Covid-19 / Senicidio? No, ma ...

- L'intellettuale scozzese Nial Ferguson sul The Sunday Times del 22 marzo 2020 rileva che parte del nostro continente - con provvedimenti tardivi e scelte sbagliate su test di massa, distanziamento sociale, tracciamento dei contatti e altro - avrebbe favorito, tra le generazioni di vecchi, un senicidio.
Il termine implica una pianificazione cosciente e determinata, ed è pertanto fuori luogo. Tuttavia, mette a punto un dato di fatto.
Noi vecchi - con informazioni tardive e fuorvianti; con rassicurazioni sulla pericolosità effettiva del virus; con l'invito iniziale a non usare mascherine solo perchè non ce ne erano nemmeno per gli operatori sanitari; con l'assenza di sanzioni immediate ed efficaci nei confronti di imbecilli e mascalzoni, indifferenti al rispetto delle norme e portatori di contagi; con l'insistente 'chiudetevi in casa e tanti auguri' (con giardini, piazze e metropolitane tuttavia affollate); con la cauta ma incerta resistenza dei poteri centrali a istanze regionali e locali, meglio informate; ed altro - ci troviamo infine in una posizione di pericolo assai maggiore di quel che sarebbe stato con provvedimenti preventivi o almeno tempestivi (quanto meno sapendo di quel che stava avvenendo in Cina) e con un un'intesa meno graduale e ritardante tra centri decisionali (politici, produttivi, scientifici, sociali) centrali e periferici.
Analisi critiche tra dati nazionali e regionali - comparati con quelli della regione di Wuhan, della Corea o del Giappone - non spiegano da noi la moria di vecchi; nemmeno con il supporto dei malanni pregressi.
Una moria in merito alla quale le nostre autorità farebbero bene a ufficializzare studi comparativi tra i morti per classi di età; tra quelli delle ultime tre o quattro settimane del 2020 e quelli corrispondenti, almeno del 2018 e 2019.
Non è cosa difficile e laboriosa per chi dei dati ne può disporre in tempo reale.
E' la differenza tra questi dati che quantifica l'incidenza della gestione del covid-19 sulla vita o meno delle generazioni più anziane.
Tanto più (ed anche di questo non si dice) che ad oggi il numero dei deceduti per Covid-19 tiene conto solo di quelli ospedalizzati e con tampone, e non dei tanti morti a casa o altrove, in numero assai maggiore.
Non si tratta di senicidio, dunque, anche se qualche pensiero trasversale potrà esserci stato. Vale tuttavia chiedersi di quanto il risultato sarebbe stato davvero diverso se ci fossimo tutelati e organizzati a suo tempo (con l'universitò, la ricerca, la sanità); e infine, da mesi, almeno con i presidi più elementari per le strutture sanitarie e le popolazioni più esposte.
E' questo che varrebbe sapere per chi giorno dopo giorno, proprio da chi rappresenta istituzioni che hanno mancato, si sente pure dire: abbiamo fatto tutto il possibile, siamo un modello.
Modello di che?
Non confondiamo chi oggi si da da fare con l'accidia, la superficialità, la faciloneria di altri; non solo nel passato.
Ancora oggi non si trova una mascherina; ma si dice che dovremmo proteggersi.
Con che?
...
Dal fondo dell'anima, un moto, un segno di ammirazione e di riconoscenza va ai medici, al personale sanitario ed agli operatori anche volontari di ogni tipo; a coloro che a rischio della propria salute e della propria sopravvivenza, spesso lontani da famiglie e figli, e per molti pure senza protezioni adeguate, notte e giorno si sono dati e continuano a darsi da fare per il bene di tutti.
Un riconoscimento con riserve anche a figure di una nuova classe politica, giovane e per lo più inesperta, ma migliore di altre; che mostra singolarità sorprendenti al di sopra delle aspettative.


vv, 24 marzo 2020.




Coronavirus, Covid-19 / Vecchi e all'ultima spiaggia, non resta che la pillola ...

Per la virologa Liliana Capua - tra le menti migliori e più aperte; come altre da noi bistrattata e indotta ad andarsene; e tuttavia tra le più responsabili e premurose nel dirci di scienza con un sorriso birichino - i rapporti tra umani e sciami del Covid-19 sono da prevedere diversamente continui e virali per tempi non definibili.
Anche per questo, almeno fino alla messa a punto e distribuzione di vaccini per miliardi di persone - per miliardi di persone - ogni strategia per una graduale ripresa economica e sociale (prima con i giovani, poi con gli anziani) dovrà confrontarsi come mai prima con la tutela delle generazioni più anziane.
...
_ Chi di noi ricorda "L'ultima spiaggia" (Stanley Kramer, Australia, 1959) - un Oscar che tra gli anni Cinquanta e Sessanta segna una fase della Guerra Fredda e che, con la distribuzione di una pillola per farla finita, testimonia del dovere istituzionale di salvaguardare da una agonia senza senso l'ultima popolazione continentale ancora soggetta allo sciame radioattivo di un'Apocalisse nucleare;
_ chi di noi ricorda come ieri la tragedia di Chernobyl (1986, Ucraina) con parte dell'Europa settentrionale e centrale, e poi giù giù fino alle coste del Tirreno, coperta da una nube radiattiva cancerogena e mortale; e le altre analoghe, che con altre tragedie hanno scandito fino a ieri i decenni successivi;
_ chi tra i più avanti con l'età e malandati, anche senza aver trascorse esperienze d'altre epidemie, ha qualche nozione e coscienza dell'assenza di senso nell'attendere una fine collettiva, dolorosa e scontata (come quella in corso, prospettata per generazioni di vecchi di un intero pianeta, isolati senza un termine davvero prefigurabile dal contagio di un virus per loro mortale; per di più più isolati di prima, separati pure da figli e nipoti, e anche da quelli sprangati in casa in attesa del proprio destino;
ebbene, per chi di noi ricorda queste ed altre tragedie collettive e individuali di analogo senso, il desiderio, la volontà di scampare con una pillola almeno da una fine dolorosa e priva di dignità non può apparire meno sconvolgente da chi la pensa diversamente, ma preferibile e praticabile come ultima spiaggia, come cauta risorsa per farla finita.
Non doverosa, ma come possibile da scegliere e mettere in atto per scampare al peggio.
Se la morte è inevitabile, e lo è; è almeno possibile contrastarne i modi, il momento, l'attesa passiva e disumana dell'ultimo respiro.
Negare questa possibilità a chi, cosciente, la chiede, è disumano. Come malvagia è l'arroganza di ritenere di possedere la verità e di poterla imnporre agli altri. Come disumana è la presunzione di chi professa senza tolleranza e con prevaricazione una religione; ognuna già per sua natura radicale e intransigente, disposta a violentare le coscienze e le persone. Come continua ad accadere ancora giorno dopo giorno, appena oltre il Mediterraneo, nonostante il dilagare della pandemia.
L'idea e le immagini che scaturiscono da questa prospettiva di farla finita possono sconvolgere la coscienza dei più, specie se giovani, specie se sostenuti da ideologie, fedi, speranze; tutte da rispettare; tuttavia, in cospetto alla ragione e in una visione critica della storia, della nostra storia europea, nessuna davvero condivisibile.
Le istituzioni hanno il dovere di ascoltare e rispettare anche le minoranze; specie in momenti cruciali, quando le loro rivendicazioni sono ancor più motivate da situazioni eccezionali tali da metterne in risalto e circostanziarne il loro senso civile, sociale, umano.
...
Una esperienza davvero globale e storica come quella che stiamo vivendo dovrebbe richiamare tutti alla realtà.
Anche se in modo diverso, siamo vissuti - quasi tutti in ogni continente - in un'epoca che tra settimane o mesi non potrà più essere la stessa. Senza le stesse certezze, gli stessi riferimenti, le convinzioni e i caratteri della coscienza con i quali da decenni ci siamo destati e condotti ogni mattina.
L'esperienza dello sciame virale, destinato a mutare, a scomparire come sotterraneo per riaffacciarsi improvviso e riproporsi ancora chi sa per quanto e chi sa come, inafferrabile e diversamente letale - lui si davvero globalizzato e universale, come l'aria che vorremmo respirare - ci dovrebbe far riflettere.
Anche noi dovremmo mutare.


vv, 25-26 marzo 2020.


Index
Libri e saggi su Roma
Economia dell'architettura in Roma liberale, 1979
Economia dell'architettura in Roma fascista, 1981
Roma, Architettura / La città tra memoria e progetto, 1998
Roma, Architettura / Da città dei papi a capitale d'Italia, 2001
...
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V V / Roma, III 2020