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le istituzioni, i vecchi e la libertà di morire |
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Pagina in allestimento Per una informazione istituzionale corretta e responsabile Noi, anziani, siamo un peso; ma non siamo stupidi
    
Questa pagina è suggerita da quanto emerge da quotidiani nazionali o locali sull'andamento epidemico in atto dal 21 febbraio all'inizio di questa terza settimana di marzo 2020, con riferimento alle strategie, regie della comunicazione e processi informativi adottati in merito alla gravità o meno del contagio di anziani e d'altre persone soggette a patologie diverse.      Segue un'altra pagina non meno drammatica, con l'intervista di Marco Imarisio al dott. Giuseppe Remuzzi, pubblicata sul Corriere della Sera del 13 marzo 2020, nella quale l'accento è portato "sulla gente terrorizzata di andare in ospedale" perché "Questa non è una malattia benigna. Non è una influenza. È una malattia di cui si muore". Coronavirus, cosa sta succedendo a Bergamo. Remuzzi: «È un dolore enorme vedere i tuoi amici cadere. Serviva la zona rossa» _ «Se dovessi ammalarmi direi a chi mi assiste di intubare un paziente giovane, non me».           Altro editoriale della stesso giorno, quello di Maurizio Ferrera "Coronavirus, i medici e la dignità dei pazienti", sul Corriere della Sera del 13 marzo 2020, che a sua volta registra una situazione non solo oggettivamente complessa, ma anche allarmante dal punto di vista umano. Con riferimenti a un Servizio sanitario nazionale - nel quale i medici operano in libertà e non subiscono i diktat della burocrazia, "sul versante delle terapie intensive" - questa pagina è, su un aspetto delle professione medica, ancora più esplicita. Vi si legge: "In molti contesti si devono fronteggiare scelte "tragiche": a chi dare precedenza nell'accesso ai presidi terapeutici disponibili, molto inferiori alle necessità? Dalle risposte che si danno può dipendere persino la sopravvivenza dei pazienti".      ...      Di fatto, egli nota, "Manca il tempo per riflessioni articolate. La pressione esterna, lo stress, l'incertezza clinica e in particolare la scarsità di risorse obbligano a decidere in fretta, ad attraversare l'area grigia [il cosiddetto bedside rationing] il più rapidamente possibile". Per cui, "Può sembrare poco opportuno aprire ora un dibattito su questi delicatissimi aspetti. Tuttavia, per chi si ammala, per i suoi familiari, in realtà per tutti i cittadini, la certezza di essere ben curati e di non subire discriminazioni è un bene preziosissimo. E' giusto che questa certezza venga pubblicamente confermata. E che siano chiari i criteri con cui gli ospedali filtrano, se costretti a farlo, l'accesso alle cure."      Rilevo, infine, quanto dichiarato dal Prof. Giuseppe Remuzzi il 15 marzo per LA7, Non è l'Arena: "Si tratta di pandemia globale"; accomiatandosi non prima di aver concluso, con tono ammonitivo, "Non è un'influenza".      Le fonti sono autorevoli, responsabili, informate. Gli editoriali e gli articoli, argomentati. Vale leggerli integralmente, e meditarli; come altri, cartacei e televisivi, non citati, che tuttavia si inseguono in tempo reale con toni non meno preoccupanti, senza soluzione di continuità.           *           C'è da restarne sgomenti, anche da parte di chi, per esperienza e prudenza, già dubitava, e non poco, della situazione rassicurante sino allora prospettata (di una influenza più seria di altre, e tuttavia sotto controllo o non allarmante). Quello che infine sgomenta e spaventa è la situazione sanitaria in genere; e, in particolare, quella nei confronti delle figure più fragili - anziani e altri. Quello che non può stare bene, e offende, è il modo riduttivo con il quale i portavoce delle istituzioni (con comunicazioni disorganiche, orali, senza tabelle, e con più voci pure per sillabare qualche numero) hanno cercato il più a lungo possibile di non rendere davvero chiara una situazione in realtà pandemica, dai prevedibili sviluppi drammatici anche a livello nazionale e globale. ...      Per almeno due settimane, rappresentanti delle istituzioni, scienziati e specialisti vari e autorevoli ci hanno rassicurato sugli effetti del coronavirus, stimati non molto dissimili da quelli di una comune influenza stagionale, dalla quale tuttavia riguardarci per effetti collaterali, seri ma statisticamente poco rilevanti.      Progressivamente, l'Italia è entrata per parti in quarantena, con gli anziani (già costretti in casa) ancora più isolati. Una cautela che chi di noi avesse avuto giudizio l'avrebbe cominciato a metterla in atto prima, come è pensabile sia stato per i più.      Siamo così al dato critico che questa pagina intende rilevare.      Dopo tante sollecitazioni, e nonostante i provvedimenti presi - necessari, straordinari, e (salvo questo rilievo) condivisi - la verità che interessa numerose generazioni di anziani è stata e resta nascosta o rigirata tra le pieghe di comunicati e di dati tanto reiterati, premurosi e pressanti - specie sulle figure fragili - quanto reticenti e insinceri; smussati per di più da opinioni contradditorie, statistiche disomogene e, non bastasse, da riferimenti a pretestuose condizioni pregresse.      Infine, solo il 9 marzo è stato detto davvero di stare in casa, tutti; d'essere prudenti e riguardarsi per sè e gli altri, come un dovere civile; e quindi di stare alla larga da estranei, conoscenti, amici e familiari.      E, nel caso di febbre con alcuni sintomi, di chiamare il proprio medico; lo stesso, in genere anziano e con una marea di altri pazienti.      Di seguito, ma non subito, di rivolgersi a un centralino, nella speranza di trovarne uno che davvero risponda. E comunque, nel caso, di dichiarare l'età e poi, dopo, di rispondere alla richiesta d'altri dati; una priorità, quella dell'età, che da sola lascia intendere come chi abbia ottanta o novant'anni - anche se ha lavorato per più di quarantanove e pagato tasse e contributi per quasi settanta - abbia ben poco da sperare e ancor meno da attendersi.      Ne deriva che se in caso di necessità riesci in qualche modo ad arrivare al Pronto Soccorso, o nei pressi, quello che ti aspetta è stato ben descritto o sottinteso negli articoli destati dai medici citati.      Nelle circostanze attuali, non si tratta di contestare leggerezze e responsabilità; non a chi ad ogni livello, istituzionale o meno, si è dato davvero da fare; e meno che mai a medici o personale ospedaliero, i primi a prodigarsi e ad esporsi al contagio.      Si tratta, a questo punto, di constatare o meno l'esistenza e l'operatività di protocolli su precedenze, per effetto dei quali per le persone davvero vecchie, salvo eccezioni, già non c'è più spazio, e nelle prossime settimane ce ne sarà ancora meno.      Protocolli e procedure per le quali sarai selezionato, si; ma per lasciare doverosamente la precedenza ad altri, più giovani o con maggiori probabilità di farcela. Si tratta di ammettere, come anticipato in modo comunque tempestivo dal primo ministro Boris Johnson alla sua nazione (con la frase «Molte famiglie perderanno i loro cari») che anche tu potrai essere scartato e destinato a morire. E anche male, da cane di strada, visto che (nelle circostanze che si prospettano) nessuno avrà modo o interesse a occuparsi di te.      E' da questo dato che a lungo, troppo a lungo e non poco si è scantonato, che dalle istituzioni non è stato detto, e che probabilmente si è fatto in modo che neppure i medici potessero farlo intendere come alcuni di loro avrebbero preferito davvero.      Coronavirus, Covid-19 / Conclusioni, in breve      L’Italia si dice parte del contesto politico ed economico europeo; e per i principi fondativi e costituzionali - liberali e democratici - si rifà alla illuministica e laica triade di “Liberté, Égalité, Fraternité”.      Dal secondo dopoguerra, le attività e la responsabilità individuali sono indirizzate da istituzioni, pubbliche e private, inclusive; da classi di governo che di fatto gestiscono la produzione e la distribuzione di ricchezze e di informazioni in relazione (a beneficio o a scapito) di maggioranze relative in gran parte subordinate in modo diverso e funzionale a ignoranza, precarietà, povertà, emarginazione; non bastasse, a mentalità e costumi cattolici.      Non a caso le istituzioni pubbliche tassano il lavoro, le cure mediche e i beni culturali non meno del fumo, dell'alcol, del gioco, dei profitti da capitale. Patrocinano e finanziano spazzatura, ma sono sorde alle istanze della ricerca, dell'istruzione e della formazione critica e civile dei cittadini; così come sembrano non rendesi conto delle difficoltà di potersi curare, della droga che circola fuori dei cancelli delle scuole, della delinquenza anche giovanile; per non dire degli evasori, e dei tanti ladri come loro.      Con la sopraffazione dei diritti e delle responsabilità individuali - nell'economia, nel lavoro, nei rapporti sociali - la fiducia viene meno. Con quella, i buoni sentimenti e la fraternità, condizioni e cemento di relazioni davvero umane, cedono anch’essi al disinteresse, al cinismo, alla polverizzazione di ogni tipo di comunità.      In un paese siffatto, incapace di programmare strategie preventive, incapace di gestire l'ordinario senza ricorsi a strumenti straordinari, possiamo continuare a non voler vedere; a credere nella buona sorte, in un cielo benigno; nelle preghiere di un porporato sui tetti del duomo di Milano; ed ad restare indifferenti nei confronti di sprechi, omissioni e abusi, tutti non casuali, quasi sempre mirati al consenso e all'origine di squilibri sociali, che a loro volta sono segno di una perdita crescente di libertà reali e di democrazia.      Un effetto infine innaturale, prevedibile in una società statisticamente fin troppo anziana, in gran parte di pensionati, è da giorni giunto al pettine; indicativo di una insofferenza tra generazioni che va ben oltre i motivi sanitari addotti.      Ho ottantanove anni, sono vecchio e sono un peso.      Un elemento fragile; comunque valido tuttavia, in una pandemia, per smussare con puerili e offensive crudeltà la cruda oggettività di curve epidemiche eccezionali.      Così è, infatti, in una società disgregata nella quale le diverse istituzioni sanitarie e dell'informazione non hanno avuto l'onestà di ammettere per tempo di non essere in grado di garantire le cure necessarie alla popolazione più anziana; in uno Stato nel quale sarebbe stato più decente non ritardare la comprensione di questa realtà; e non limitarsi a raccomandare di non uscire di casa senza esercitare sanzioni davvero efficaci su comportamenti incivili di mentecatti o sciagurati, lasciando anche per questo persone e famiglie con figure fragili al loro destino.      ...      Più responsabile, onesto e rispettoso dei vecchi sarebbe a questo punto distribuire, almeno in questa evenienza e quanto meno agli ottantenni che la richiedano, una pillola utile per una fine sicura, rapida e indolore; e consentire loro - fragili, imperfetti, e tuttavia umani - la libertà di decidere di sè.      vv, 16 marzo 2020.
Aggiornamenti
Coronavirus, Covid-19 / Vecchi e all'ultima spiaggia, non resta che la pillola ... Per la virologa Liliana Capua - tra le menti migliori e più aperte; come altre da noi bistrattata e indotta ad andarsene; e tuttavia tra le più responsabili e premurose nel dirci di scienza con un sorriso birichino - i rapporti tra umani e sciami del Covid-19 sono da prevedere diversamente continui e virali per tempi non definibili. Anche per questo, almeno fino alla messa a punto e distribuzione di vaccini per miliardi di persone - per miliardi di persone - ogni strategia per una graduale ripresa economica e sociale (prima con i giovani, poi con gli anziani) dovrà confrontarsi come mai prima con la tutela delle generazioni più anziane. ... _ Chi di noi ricorda "L'ultima spiaggia" (Stanley Kramer, Australia, 1959) - un Oscar che tra gli anni Cinquanta e Sessanta segna una fase della Guerra Fredda e che, con la distribuzione di una pillola per farla finita, testimonia del dovere istituzionale di salvaguardare da una agonia senza senso l'ultima popolazione continentale ancora soggetta allo sciame radioattivo di un'Apocalisse nucleare; _ chi di noi ricorda come ieri la tragedia di Chernobyl (1986, Ucraina) con parte dell'Europa settentrionale e centrale, e poi giù giù fino alle coste del Tirreno, coperta da una nube radiattiva cancerogena e mortale; e le altre analoghe, che con altre tragedie hanno scandito fino a ieri i decenni successivi; _ chi tra i più avanti con l'età e malandati, anche senza aver trascorse esperienze d'altre epidemie, ha qualche nozione e coscienza dell'assenza di senso nell'attendere una fine collettiva, dolorosa e scontata (come quella in corso, prospettata per generazioni di vecchi di un intero pianeta, isolati senza un termine davvero prefigurabile dal contagio di un virus per loro mortale; per di più più isolati di prima, separati pure da figli e nipoti, e anche da quelli sprangati in casa in attesa del proprio destino; ebbene, per chi di noi ricorda queste ed altre tragedie collettive e individuali di analogo senso, il desiderio, la volontà di scampare con una pillola almeno da una fine dolorosa e priva di dignità non può apparire meno sconvolgente da chi la pensa diversamente, ma preferibile e praticabile come ultima spiaggia, come cauta risorsa per farla finita. Non doverosa, ma come possibile da scegliere e mettere in atto per scampare al peggio. Se la morte è inevitabile, e lo è; è almeno possibile contrastarne i modi, il momento, l'attesa passiva e disumana dell'ultimo respiro. Negare questa possibilità a chi, cosciente, la chiede, è disumano. Come malvagia è l'arroganza di ritenere di possedere la verità e di poterla imnporre agli altri. Come disumana è la presunzione di chi professa senza tolleranza e con prevaricazione una religione; ognuna già per sua natura radicale e intransigente, disposta a violentare le coscienze e le persone. Come continua ad accadere ancora giorno dopo giorno, appena oltre il Mediterraneo, nonostante il dilagare della pandemia. L'idea e le immagini che scaturiscono da questa prospettiva di farla finita possono sconvolgere la coscienza dei più, specie se giovani, specie se sostenuti da ideologie, fedi, speranze; tutte da rispettare; tuttavia, in cospetto alla ragione e in una visione critica della storia, della nostra storia europea, nessuna davvero condivisibile. Le istituzioni hanno il dovere di ascoltare e rispettare anche le minoranze; specie in momenti cruciali, quando le loro rivendicazioni sono ancor più motivate da situazioni eccezionali tali da metterne in risalto e circostanziarne il loro senso civile, sociale, umano. ... Una esperienza davvero globale e storica come quella che stiamo vivendo dovrebbe richiamare tutti alla realtà. Anche se in modo diverso, siamo vissuti - quasi tutti in ogni continente - in un'epoca che tra settimane o mesi non potrà più essere la stessa. Senza le stesse certezze, gli stessi riferimenti, le convinzioni e i caratteri della coscienza con i quali da decenni ci siamo destati e condotti ogni mattina. L'esperienza dello sciame virale, destinato a mutare, a scomparire come sotterraneo per riaffacciarsi improvviso e riproporsi ancora chi sa per quanto e chi sa come, inafferrabile e diversamente letale - lui si davvero globalizzato e universale, come l'aria che vorremmo respirare - ci dovrebbe far riflettere. Anche noi dovremmo mutare. vv, 25-26 marzo 2020. Libri e saggi su Roma Economia dell'architettura in Roma liberale, 1979 Economia dell'architettura in Roma fascista, 1981 Roma, Architettura / La città tra memoria e progetto, 1998 Roma, Architettura / Da città dei papi a capitale d'Italia, 2001 ... segue | INDEX | PUBBLICAZIONI | Pagina in allestimento vv@valtervannelli.it |