Valter Vannelli, Roma, Casa di Raffaello, Raffaele Sanzio da Urbino


     Architettura e Psiche Ed.Kappa, 2008  chiedere a   Bardi Editore (commissionario)  oppure a  Archimagazine, o nelle Librerie Kappa, Roma



  Valter Vannelli   _ ricerche
  Roma, Casa di Raffaello (Raffaele Sanzio da Urbino)
   tra storia, remote cronache e vive attualità

    Note in margine a pubblicazioni e letture _ 2009 / n
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sopra: "Le Tre Grazie", 1505, Mosée Condé, Schantilly





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   Costantina, Santa Costanza
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   di Omar, Cupola della Roccia

_ Gerusalemme, Muro
   Occidentale, Muro del Pianto

_ Gerusalemme, Santo Sepolcro




Professore dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma, dal 1972 al 2000 ha insegnato Progettazione architettonica nella Facoltà di Architettura / Dipartimento di Storia dell'architettura, Restauro e Conservazione.

segue in "Curriculum"




Nel 1998 ho ripreso un saggio del 1990 su "La sistemazione dei Borghi a fine '800" (1), per muovere nuove critiche nei confronti della demolizione degli isolati della Spina. Innanzi tutto per il ruolo storico del rione rispetto agli accessi a San Pietro; poi, non meno, per la perdita di un patrimonio edilizio secolare, sedimentato - come la casa di Raffaello - lungo la via Alessandrina e intorno alla piazza di Scossacavalli. Uno scempio, uno stupro urbano, non solo urbanistico e architettonico, perpretato in epoca fascista, anche in conseguenza del Concordato del 1929 e delle successive, mediate istanze sollecitate dalla Santa Sede.
Ultimamente, ho letto il testo di Rodolfo Amedeo Lanciani, già pubblicato nel 1906 con il titolo "The Golden Days of the Renaissence in Rome" (**), edito in italiano nel 2006.
Nel testo, l'Accademico d'Italia e Senatore del Regno si attende il rispetto della Spina e la salvaguardia della casa di Raffaello come beni di interesse nazionale.
Tuttavia, negli anni Trenta la casa segue la fine della Spina dei Borghi.
Scoprire, anche fuori di ogni tempo utile, di non essere, o non essere stato tra i pochi a intendere il ruolo e il senso di quel tessuto edilizio e di quel manufatto, non conforta i sentimenti - i giudizi di valore sulle cose avvenute -, ma sostiene la congruità dell'intelletto. Così come, anche se episodio marginale, giova ritrovare nel Pantheon, a destra della tomba di Raffaello, la lapide dedicata da allora per memoria storica a Maria Bibbiena, la sposa proposta al giovane pittore, tuttavia da lui oscurata per la sua profonda creativa passione per Margherita Luzi, la bella Fornarina.


c*) Per i riferimenti bibliografici rimando agli estratti.
(**) "L'epoca d'oro del Rinascimento a Roma", New Compton Editori, 2006.

segue in "500 anni dopo / Dati, considerazioni, proposte"




Spina di Borghi e San Pietro
documenti, disegni, saggi:


San Pietro / disegni d'archivio
San Pietro / immagini

da: V. Vannelli, ECONOMIA DELL'ARCHITETTURA
IN ROMA FASCISTA, 1981:

Ruolo del Concordato del 1929 nel disegno urbano e nelle leggi raziali
_ Gli altri culti esistenti non sono tollerati conformemente alle leggi; genesi di una determinazione raziale

Lettera del Rabbino Capo della Comunità israelitica di Roma a S.E. B. Mussolini, Capo del Governo, del 7 aprile 1931, IX
_ sulla soppressione della cupola della nuova Sinagoga di Roma

Lettera di Carlo Sforza a Vittorio Emanuele, 1942
_ frontespizio del carteggio
_ e nota informativa del 10.XI.1942, XXI° _ (7 fogli, dal 079643 al 079649, Archivio Centrale dello Stato, ACS, Segr.Part. Duce, Cart.Ris., b.99, N.X/R s.f. Sforza Carlo)


Da altre fonti:

- sul Concordato del 1947:
Piero Calamandrei, "Art. 7: Storia quasi segreta di una discussione e di un voto", 1947




Roma / immagini
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Roma dal Gianicolo
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Testo estratto da: Valter Vannelli, "ROMA, ARCHITETTURA _ La città tra memoria e progetto", Edizioni Kappa, Roma 1998.
"La sistemazione dei Borghi a fine '800", pp. 81 - 109.


Saggio pubblicato in "Studi Romani", Anno XXXVIII, n. 3-4, 1990, pp. 360-376.

Il 2 marzo 1887 il Consiglio comunale adotta un progetto che ha il fine di "riempire la lacuna accertata nel Piano Regolatore" in merito al Rione Borghi ed agli accessi a San Pietro". ...... "L'idea di demolire gli isolati compresi tra Borgo Nuovo e Borgo Vecchio non è nuova, ma rimonta fino ai tempi dell'amministrazione francese in Roma. Difatti esiste un Decreto imperiale in data 9 Agosto 1811 nel quale si stabiliva l'abbattimento degl'isolati medesimi. Nell'epoca poi della Repubblica romana (1849) quell'idea fu ripresa ed anzi furono atterrate le prime case presso Castel S. Angelo, e nel progetto del Piano Regolatore presentato al Consiglio nel Decembre 1881 era compresa la stessa opera".
Si ricordano anche le considerazioni esposte anni prima dalla Commissione esaminatrice, ma questa volta per spiegare come allora non fosse pensabile "lo straordinario sviluppo edilizio che ora si sta svolgendo anche quella parte fuori del centro, che impone riguardi artistici>" (7).
I dati invece non ci sono.
......

Grispigni si felicita con la Giunta e raccomanda "di provvedere affinchè la ricostruzione dei fabbricati sulle nuove e nobilissime linee sia disciplinata in guisa che i prospetti delle case abbiano proporzioni artistiche ed in armonia con gli edifici di illustre architettura che esistono nel Borgo e che il progetto porrebbe in maggiore evidenza. Sarebbe altamente deplorevole al punto di vista estetico che accanto ad un palazzo del cinquecento sorgesse uno dei moderni alveari". ..... "Nessun altro avendo chiesto il parere", il Consiglio approva il progetto all'unanimità.
Un progetto tanto importante viene dunque redatto in due mesi, e adottato senza alcun commento oltre quello del consigliere Grispigni. È un dato che fa riflettere, per capire le ragioni per le quali in questa città le decisioni più gravi prendono forma con l'uniformità delle opinioni o degli atti; con l'effetto di deresponsabilizzare le istituzioni, di scoraggiare l'attenzione dei cittadini, e di consolidare le procedure ed i contenuti meno civili.

Cronache di un dibattito

Le critiche dell'opinione pubblica e delle istituzioni al progetto comunale per Borghi si manifestano in forme diverse. La più forte ha origine dalla reazione sentimentale ed emotiva alla distruzione della casa di Raffaello, che ancora non si sa bene dov'è, ma che si sa essere uno degli edifìci della Spina che si vuole distruggere.
Nei primi mesi del 1887 Domenico Gnoli pubblica su "Nuova Antologia", uno studio sulla casa di Raffaello (11). Ne segue sulla stampa un dibattito molto vivo, che coinvolge l'opinione pubblica in modo diffuso e sentito. La disputa disciplinare induce storici e critici a prendere posizione sul palazzo dei Convertendi e sullo sventramento dei Borghi (fìg.1).
Copie dei quotidiani "La Tribuna", "II Popolo Romano", e d'altri giornali del maggio-luglio 1887, con note in margine a interventi di Domenico Gnoli, Filippo Porena e Alessandro Barbiellini Amidei, si ritrovano negli atti dell'Antichità e Belle Arti; con telegrammi di Adamo Rossi ed altre segnalazioni (12).
Il Ministero dell'Istruzione richiama l'attenzione del Comune sul problema; si augura che "il progetto [dei Borghi] non abbia la sorte di quello del Primo Impero francese", e che si faccia "col minor danno delle memorie artistiche e storiche" (13).
È come dire che quel ministero prende partito per il progetto che si accinge a giudicare. Ma è il Municipio a condurre l'iniziativa, a cercare e indicare soluzioni. Dal marzo 1887 la Giunta comunale non dissimula "la difficoltà grave di trovar modo di conservare il Palazzo della Rovere senza pregiudicare grandemente l'armonia del progetto municipale".
"Più plausibile assai sembra ad essa il concetto d'impegnarsi a far ricostruire il nuovo progetto di quel palazzo in ritiro e sulla nuova linea stradale, riproducendone esattamente la materiale e decorativa struttura, conciliando così l'opera edilizia con la conservazione d'una bella architettura" (14).
(Nella copia agli atti dell'Istruzione l'ipotesi della ricostruzione è evidenziata con segni sul margine; sarà di certo ricordata decenni dopo, quando lo sventramento si farà davvero).
È comunque su questa linea che il Comune si attesta nel trattare con quel ministero e nel formare una Commissione di delegati governativi e municipali. La situazione sembra volgere a favore del Comune; ancora nel Giugno 1887 il sindaco Torlonia contesta all'Istruzione l'opportunità di rimandare la discussione consiliare sulla questione Bortolani. Concorda nel chiamare Gnoli nella commissione che dovrà accertare "la presunta dimora di Raffello"; ma richiama quel ministro "a rendere meno gravi i danni che i privati [di Borghi] verrebbero a risentire da un ulteriore ritardo" (15).

La Commissione "dei delegati governativi e municipali" viene formata il 12 luglio; il ministero si fa rappresentare da due ispettori centrali, il prof. G. Battista Cavalcasene, l'ing. Francesco Bongiovannini, e dall'arch. Giuseppe Sacconi. Il Comune delega il prof. G. Battista De Rossi, l'avv. Camillo Rè e l'ing. Carlo Tenerani. Il prof. Domenico Gnoli viene nominato da entrambe le parti.
Il 16 dello stesso mese i delegati visitano "il pianterreno ed il primo piano del Palazzo di Raffaello, lungo la piazza Scossacavalli. ... Il palazzo aveva al pianterreno verso il cortile un portico di tre arcate, una delle quali è ancora in parte visibile anche dall'esterno, mentre verso la piazza aveva le botteghe. Al primo piano pare che il palazzo avesse verso il cortile una fila di stanze, e lungo la piazza una loggia. Però, siccome quasi tutta la costruzione antica è coperta dagli intonaci delle epoche posteriori, e le facciate hanno subito una trasformazione radicale, tanto da coprire e forse anche togliere totalmente l'antica architettura, la Commissione. .. dovrà completare la visita e fare molti tasti. Visitato il Palazzo del Cardinale della Rovere, la commissione, trovando quell'edifìzio ancora quasi integro, bastò che vedesse la sala con i soffitti decorati dal Pinturicchio, e la cappella lungo la piazza Scossacavalli, e le sale e le logge interne, ed i graffiti dei cortili, per trovarsi unanime nel dichiarare che a suo avviso quel palazzo deve essere conservato nella sua integrità" (16).

Gli studi di Gnoli sulla casa di Raffaello, e gli scritti su "Nuova Antologia", ricostruiscono la storia di Borghi e ne valorizzano, con le memorie, la situazione presente.
Dalla metà del 1887 altri contributi confluiscono in un medesimo fascicolo delle Belle Arti: la lettera che Camillo Romani, sindaco di Urbino, scrive il 14 luglio al Ministro dell'Istruzione. I dati sulla casa di Raffaello, che Adamo Rossi spedisce a Gnoli, il 23 ottobre e nel gennaio 1888; lettere, notizie e note d'ufficio danno la misura di una accentuata attenzione sul palazzo della Rovere o dei Convertendi e sul problema dei Borghi (17). La commissione non può esimersi dal prendere una posizione; ma evita di riunirsi con i pretesti più diversi, e temporeggia per mesi. Nel gennaio 1888 Gnoli si dimette; poi non si può tirare indietro per le assicurazioni che gli vengono date; "ma il sospenderle non vuoi dire ritirarle, e prevedo che dovrò ripresentarle",scrive a Buongiovannini in quei giorni, perché "è un affare che non cammina, non essendovi nella commissione chi abbia tempo o voglia di occuparsene un po' seriamente" (18).
A marzo l'Istruzione incarica l'arch. Pietro Carnevale di stabilire, per quello che della casa di Raffaello si trovi nel palazzo dei Convertendi, "quel che rimanga, nell'interno e ne muri esterni, della primitiva costruzione"; e invita Gnoli a fare "lo studio artistico e storico di quella Casa".
Come se il problema fosse tutto lì (19).
Intanto si precisa la posizione giuridica del palazzo: l'Ospizio Apostolico dei Convertendi ospita coloro che "abbandonata l'eresia, ritornano al grembo della chiesa cattolica"; un istituto ecclesiastico soggetto alle leggi civili comuni, e quindi alienabile (20). Lo stesso ministero esclude più tardi "che esso potesse considerarsi, come si pretendeva, quale una dipendenza del Palazzo Apostolico Vaticano".
"Circa la tutela dei monumenti" tocca poi all'Istruzione "il decidere"(21). A fine 1888 la commissione ritiene che il palazzo della Rovere "non debba assolutamente essere tagliato; ma per il palazzo dei Convertendi delega Carnevale e Gnoli a fare altri studi sulle memorie che si hanno della casa di Raffaello"; e prende tempo.
Il 5 gennaio 1889 il Consiglio Superiore dei LLPP riconosce la pubblica utilità delle opere previste nel piano per Borghi. La Pubblica Istruzione, che dice di esserne informata solo dalla stampa, reagisce; ricorda ai LLPP gli accordi presi con il Comune e invita a soprassedere. Il ministro richiede i nuovi disegni in prima persona "per il mio esame, affinchè io mi assicuri che gli interessi dell'arte e della storia sono il più che sia possibile rispettati" (22).
Dai LLPP si risponde che quel Consiglio Superiore ha approvato il piano rispettando le decisioni della commissione; e che il ministero per decidere attende l'avviso del Consiglio di Stato (23).
Le smagliature procedurali si fanno evidenti, motivate non poco dal tergiversare dell'Istruzione. Sollecitata, la commissione si riunisce il 20, 23 e 24 gennaio 1889. ......



NOTE

7 _ Proposta al Cnsiglio comunale di Roma, seduta del 2 marzo 1887, "Ampliamento del piano regolatore per la sistemazione del Rione Borgo", p.3, ACS, MLP, Uf. Op.Gov. ed Edil. per Roma, 1888, b. 155, f. 440. 8 _ Proposta già cit. in nota 1. L'idea è ripresa negli anni '30 da Piacentini e Spaccarelli con l'arteria "Parlamento", un rettifilo di 2500 metri che "dal Corso Umberto ... creerà la suggestiva e imponente visione della mole michelangiolesca". Per questo ed altri riscontri si rimanda a: V.Vannelli, 1981, pp.328-359.
9 _ Relazione tecnica dell'ing. A.Vivi ani sull'ampliamento del piano regolatore per la sistemazione del Rione Borgo, del 10 dicembre 1888, MLP, ibidem.
10 _ Verbale delle adunanze del Consiglio comunale, del 2 e 4 marzo 1887, 41^ proposta già cit. ACS, MLP, ibidem.
11 _ D. Gnoli, "La casa di Raffaello", estratto da "Nuova Antologia", 1887, fasc. XI, Tipografia della Camera dei Deputati, Roma 1887.
12 Articolo di G. Fuà in "II Corriere Metaurense", 12 giugno 1887. Lettera di Domenico Gnoli in "II Popolo Romano", 17 luglio 1887. Lettera di A. Barbiellini Amidei in "II Popolo Romano", 20 luglio 1887. Lettera di Filippo Porena in "La Tribuna", 22 luglio 1887. ACS, MPI, AABBAA, "Borghi", 2° versamento, 2^ serie, b. 364, f. 4114.
13 _ Lettera del ministro dell'Istruzione al sindaco di Roma, del 23 aprile 1887. Edifizio del Rinascimento in Rione Borgo e progetto del piano regolatore. ACS, MPI, AABBAA, "Borghi", 2° vers., 2^ serie, b. 364, f. 4114.
14 _ 125^ proposta del Consiglio comunale di Roma, seduta del 27 maggio 1887. Ricorso contro il progetto per la sistemazione del Rione Borgo. ACS, AABBAA, ibidem.
15 _ Lettera del sindaco Torlonia al ministro della Istruzione Pubblica, dell'11 luglio 1887. Sistemazione del Rione Borgo - Casa di Raffaello. ACS, AABBAA, idem.
16 _ Relazione della commissione, del 17 luglio 1887. ACS, AABBAA, ibidem.
17 _ ACS, AABBAA, ibidem.
18 _ Lettere di D. Gnoli all'Ing. Bongiovannini, del 12 e 16 gennaio 1888, e al presidente della commissione per la casa di Raffaello e il palazzo della Rovere, del 12 gennaio 1888. ACS, AABBAA, idem.
19 _ Lettera del MPI, AABBAA, del marzo 1888. ACS, AABBAA, ibidem.
20 _ Lettera del Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti alla Direzione Generale delle AABBAA della Pubblica Istruzione, del 23 marzo 1888. ACS, ibidem.
21 _ Lettera del Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti alla Direzione Generale delle AABBAA della Pubblica Istruzione, del 21 giugno 1888. ACS, ibidem.
22 _ Lettera della Pubblica Istruzione ai LLPP, del 15 gennaio 1889. ACS, ibidem.
23 _ Lettera dei LLPP alla Pubblica Istruzione, del 18 gennaio 1889. ACS, ibidem.


continua in: Valter Vannelli, "ROMA, ARCHITETTURA _ La città tra memoria e progetto , Edizioni Kappa, Roma 1998
(da saggio pubblicato in "Studi Romani", Anno XXXVIII, n. 3-4, 1990, pp. 360-376.)

Per dati e considerazioni si rimanda ai testi citati


.

"Ampliamento del Piano Regolatore del Rione Borgo", con previsioni del piano del 1883. ACS, MLP, Dir. Gen. Ed., V 104, b. 155, f. 440.




Pianta dei dintorni della casa di Raffaello [Cfr. note n. 27 e 29].





Tra il 1980 ed il 1990, a distanza di anni, sono stato due volte in un deposito abbandonato, cosparso di reperti provenienti dalle demolizioni della Spina dei Borghi; un sito comunale, tra le Mura Aureliane e le Terme di Caracalla.
Su un prato e in anfratti delle mura, disposti alla rinfusa, c'erano centinaia di elementi architettonici di ogni ordine e dimensione - colonne, mostre, trabeazioni, capitelli, edicole, portali, bugnati, stipiti, fregi, cornicioni, bifore, edicole, stemmi, vasche, statue, fontane ... - integri o spezzati, comunque abbandonati a macerare, da mezzo secolo, tra ortiche e sterco di piccioni, gatti e galline.
Era come muoversi a stento tra lapidi rovesciate di un antico cimitero devastato.
Come Roma dopo i barbari, i papi, i liberali, i fascisti e noi.





Testo estratto da: Rodolfo Lanciani, "L'epoca d'oro del Rinascimento a Roma", Newton Compton editori, Roma 2006.
"VI. Raffaello", pp. 178 - 208.


Propongo ora di far visitare al lettore la casa abitata da Raffaello nell'ultimo periodo della sua vita, che, mi duole dirlo, non è sta ancora trasformata in un tempio consacrato alla sua memoria. Papa Alessandro VI, volendo garantire al Vaticano un accesso dal Ponte Sant'Angelo migliore di quello consentito dalla stretta e tortuosa Carriera Sancta (l'attuale Borgo Vecchio), nel 1499 aprì una nuova strada tra gli orti e i giardini che chiamò "Alessandrina", un nome sostituito da quello attuale di Borgo Nuovo (27). Ai proprietari dei beni immobili su entrambi i lati della strada furono concessi privilegi, a condizione che avessero costruito case entro un certo lasso di tempo, con prospetti alti almeno 13 metri. Orbene, accadde che i fiduciari dell'ospedale di Santo Spirito, la cui proprietà, chiamata il "Palazzo della Stufa", era stata attraversata dalla nuova strada, non riuscirono a sostenere la spesa della sua ricostruzione e, il 5 giugno del 1500, lo vendettero ad Adriano Caprini da Viterbo, protonotaro apostolico e segretario del cardinale di Capua, a condizione che questi facesse all'ospedale una donazione annuale di 24 ducati e completasse l'edifìcio entro la data sancita nell'editto papale. Adriano Caprini, che durante la sua ultima permanenza a Viterbo per la ricostruzione del santuario della Madonna della Quercia aveva incontrato il Bramante, affidò a quest'uItimo l'incarico di arprogettare la nuova casa; in questo compito Bramante fu probabilmente assistito da Raffaello, che all'epoca impiegava il suo tempo libero nellostudio dell'architettura.
II 7 ottobre del 1517, i fratelli Caprini vendettero la residenza a Raffaello al prezzo di 3600 ducati. Vasari, con la sua abituale superficialità, parla due volte di questa transazione, dando a intendere al lettore che era stato lo stesso Raffaello a commissionare al Bramante il progetto della nuova facciata ("per lasciare memoria di sé fece murare un palazzo a Roma in Borgo Nuovo, il quale Bramante [...]"). La scoperta dell'atto di proprietà (28) dirime ogni controversia sull'argomento perché, nell'ottobre del 1517, l'anziano architetto era già morto da tre anni. Il passaggio di Vasari deve quindi essere interpretalo nel senso "che nel 1517 Raffaello divenne proprietario di un palazzo residenziale, che era statoprogettato per il venditore dal Bramante.
E' forse possibiÌe, dopo quattro seooli identificare il suo sito e magari trovare le tracce dello studio dove il divino artista dipinse le sue ultime tele e la stanza dove diede l'addio alla Fomarina? Per rispondere in maniera soddisfacente a queste due domande dobbiamo seguire ogni singolo passaggio di proprietà fino ai nostri giorni (29).
Innanzitutto, non è vero che la proprietà sia stata lasciata in punto di morte dall'artista al cardinal Bibbiena, quasi a voler espiare il suo comportamento verso la nipote di quest'ultimo, Maria; al contrario, gli esecutori testamentari, sollecitati dai creditori guidati dal duca di Ferrara (30), la vendettero nell'ottobre del 1520 al cardinale Pietro Accolti, il vicino più prossimo, con l'approvazione di Leone X. La proprietà non avrebbe potuto cadere in mani migliori, perché la casata, la cultura, i titoli e la sensibilità artistica del compratore lo rendevano l'inquilino più adatto per gli appartamenti del defunto maestro. La ragione di acquisto deve essere trovata nel fatto che i due palazzi, quello di Raffaello e quello del cardinale, sorgevano talmente vicini l'uno all'altro che c'erano state delle controversie tra i proprietari per il fumo di un camino, che impediva all'artista di lavorare nel suo studio quando il vento soffiava da occidente. Infatti, le due proprietà erano separate solo dall'umile abitazione di un veneziano di nome Bartolomeo Zon (31). L'edifìcio era stato ereditato nel 1532 dal nipote dell'Accolti, Benedetto, anch'egli cardinale e arcivescovo di Ravenna, che fu imprigionato nel Castel Sant'Angelo per ordine di Paolo III e liberato nel 1535 dietro il pagamento di una cauzione di 60.000 scudi.
Il cardinale Benedetto vendette la proprietà nel 1540, per la cifra insignificante di 6000 scudi, a Benvenuto Olivieri, un banchiere fìorentino, e nell'atto l'ubicazione e i confini dell'abitazione di Raffaello vengono specificati in maniera estremamente chiara.
"La proprietà", vi si legge, "è delimitata dalla via Alessandrina [Borgo Nuovo] a nord; dalla piazza del cardinal Salviati [Scossacavalli] a est; dalla Correria Sancta [Borgo Vecchio] a sud e dalle case del vescovo di Ancona a ovest". Sappiamo dunque che la casa di Raffaello deve trovarsi all'intemo dell'area dell'attuale Ospizio dei Convertendi, istituzione alla quale l'edifìcio fu devoluto nel 1685 dal cardinal Castaldi, l'ultimo proprietario privato (32). L'identificazione è resa più facile dai molti disegni di artisti del XVI secolo nei quali l'edifìcio è rappresentato nelle sue forme originarie. Quella che ho scelto per la mia illustrazione a p.203 è un'incisione pubblicata dal Lafreri nel 1549, con il titolo Raph[aelis] urbinat[is palatium] ex lapide coctili Romae exstructum, che deve essere interpretato nel senso che Bramante aveva utilizzato nella costruzione un nuovo tipo di muratura, chiamata da Lafreri "lapis coctilis", e da Vasari "fabbrica di getto".
Sono coerenti con questa stampa il disegno di Palladio, pubblicato da Geymuller nel suo Raffaele studiato come architetto, e un altro di Domenico Alfani (nella biblioteca comunale di Perugia) che durante la sua visita a Roma nel 1581, fece un pellegrinaggio alla casa e alla tomba di Raffaello, e prese degli appunti di entrambe nel suo album di disegni. La rappresentazione della casa è interessante perché mostra il piano terra già modificato dal cardinal Comendone nel suo stato attuale.
Sono stato costretto a scendere in questi dettagli per convincere il lettore che quanto sto per affermare sullo studio e sulla camera da letto di Raffaello non è frutto di supposizioni, ma la pura e semplice verità.
Dell'edifìcio originale è rimasto indubbiamente molto poco a causa dellincrcdibile negligenza del Bramante che sarà pur stato un artista geniale, ma che di certo fu un oostruttore sciagurato. Le fondazioniono state consolidate, puntellate o ricostruite ex novo non meno di cinque volte,la prima da Cernendone nel 1582, la seconda da Gastaldi nel 1685, la terza dopo l'inondazione del 1805, ancora da Boldrini nel 1848 e da Martinucci nel 1870. Ciononostante, la parte principale della casa - lo studio del divino artista - è sfuggita alla distruzione.
L'ambiente occupa l'angolo tra la piazza di Scossacavalli e Borgo, con due finestre che affacciano sulla piazza, ed è notevole sia per le dimensioni che per l'altezza e anche per il meraviglioso soffitto, che una commissione di esperti, nominata dal comune nel 1889, dichiarò essere "corretta grandiosa [....] opera del Bramante". L'avidità dei moderni proprietari ha rovinato l'effetto artistico dell'ambiente, dividendolo in due appartamenti per mezzo di un muro di partizione, un ostacolo che speriamo di veder presto rimosso. Devo qui rimandare i miei lettori al mio amico Domenico Gnoli, l'illestre poeta e storico, che nel 1866 entrò in questa casa per la prima volta. "M'accompagnava nelle mie ricerche", afferma,

un giovine architetto che onora l'arte italiana, l'autore del monumento nazionale a Vittorio Emanuele [il conte Giuseppe Sacconi], e nel metter piede nella sala e nel!'alzar gli occhi, ci corse alla mente la stessa idea. Misurando coll'occhio sulla parete il gran quadro della Trasfigurazione, è impossibile non sentirsi andare un brivido per le ossa e piegare le ginocchia in atto di reverenza, non vedere il giovine glorioso, la più schietta, la più elegante, la più splendida incarnazione del genio italiano, disteso a piedi della sua ultima opera, fra gli scolari, fra gli amici che piangono. La povera Margherita è trascinata via dalla casa del suo pittore, artisti, prelati, cardinali entrano, escono collo sgomento sul volto, il papa manda ogni istante a prender notizia. È la notte del venerdì santo. All'improvviso, nelle loggie del Vaticano dipinte dal gran pittore si aprono delle crepacce, pare che il palazzo minacci rovina: "lapides scissi sunt". Leone x fugge nelle stanze del cardinal Cibo a castel Sant'Angelo: per la città, nella Corte si spande la trista novella, gli ambasciatori SI affrettano di comunicarla alle loro corti: Raffaello è morto! Il giovine rè dell'arte non è più. Ma quando muoiono i rè, la corona passa su d'un'altra fronte: e ora, dove trovare una fronte su cui posare la corona di Raffaello? (33).

Una porta che si apriva sul muro a sud dello studio immetteva in una loggia che si estendeva fino all'angolo col Borgo Vecchio. La loggia aveva sei archi sostenuti da pilastri di pietra, che ricordavano nel progetto e nella forma quelli del Palazzo Vaticano, ed era stata dedicata proprio a Raffaello. Qui, al fresco della sera, egli deve essersi spesso trovato attorniato dalla sua Scuola d'Atene, a conversare con Bembo e Castiglione, mentre il suo anziano e austero ospite, Fabio Calvo, si dava a spiegare i canoni di Vitruvio a Giulio e Lorenzetto. Dobbiamo completare il quadro con Giovanni da Udine, il Fattore e Marcantonio Raimondi che discutono sul tracciamento di una linea o sul valore di un tono di colore, o mentre ridono col Bibbiena e messer Branconi dall'Aquila, il famoso custode dell'elefante donato a Leone x dal rè del Portogallo, un bestione che ebbe l'onore di essere ritratto da Raffaello e di dare il proprio nome a una strada.
Che meravigliosa vista dovevano godere dalla loggia! Sulla destra si ergeva il Palazzo dei Penitenzieri, costruito dal cardinale Domenico della Rovere e decorato dal Pinturicchio, di fronte a quello progettato da Bramante per il ricco cardinale Adriano Castellesi da Corneto.


La casa di Raffaello a Borgo, da un'incisione di A. Lafredi.



La casa di Raffaello (linee tratteggiate) trasformata nel suo presente stato dal cardinal Comendone nel 1582 (Cfr. nota n. 29)

Quante storie di crimini, quanti episodi di violenza e quante memorie di splendore e nefandezza si potrebbero menzionare in relazione ad entrambi i luoghi. Non molto tempo prima, dal portone del primo era uscito il buon cardinal Alidosi, per finire assassinato per mano di Francesco Maria della Rovere nelle strade di Ravenna; nel giardino del secondo, inoltre, si era svolta una tragica cena che era costata la vita ad Alessandro VI e un'atroce malattia a suo figlio Cesare Borgia.
Lo sfondo era costituito da Castel Sant'Angelo, dove Leone x, mentre esaminava con l'aiuto di occhiali le scene dipinte da Raffaello per la rappresentazione dei Suppositi di Ariosto, aveva appena fatto condannare a morte per strangolamento il cardinale Petrucci.
Nella storia della penisola non è possibile trovare un dramma che possa reggere il confronto - in merito agli episodi di nefandezza e grandiosità, di civiltà e barbarie - con quello messo in scena a Roma dal pontificato dei Borgia al sacco del 1527. Sotto Leone X, nessuna eco di guerra, congiura, episodio politico o controversia religiosa potè sbarrare il passo allo spirito gioioso, spontaneo e spensierato che prevaleva nei circoli di corte, in particolar modo tra i Fiorentini da cui il papa era circondato. Una battuta di caccia nei boschi della Magliana, una nuova commedia del Bibbiena, una fresca battuta di fra Mariano, il completamento di un nuovo capolavoro di Bramante, Raffaello o Marcantonio, una corrida o un torneo combattuto a morte e altri simili spettacoli dell'epoca suscitavano l'interesse della società più degli echi di guerra o di un minacciato scisma religioso. In mezzo alla folla delle maschere che festeggiavano il carnevale, dei cortei ufficiali a cavallo dove ogni principe cavalcava alla testa di un numeroso seguito di cortigiani, guardie del corpo e sostenitori, nella generale spensieratezza del momento, un attento osservatore avrebbe potuto notare che uno sconosciuto frate tedesco, in cammino dal convento agostiniano di Santa Maria del Popolo verso la tomba di san Pietro, guardava inorridito queste scene di depravazione morale che avvenivano nei dintorni. Il sacco del 1527 fu il risultato delle impressioni che lo sconosciuto frate tedesco riportò indietro da Roma tornando verso la propria terra natìa.
L'arte, all'oscuro in ugual modo delle crudeltà dei Borgia, delle ambizioni guerresche dei della Rovere e delle gaiezze dei Medici, era comunque ascesa, pura, nobile e grande, a vette mai raggiunte prima; la casa di Raffaello era diventata il suo tempio. Roma non conosceva che un artista e riteneva che gli altri pittóri, architetti e scultori eseguissero semplicemente i suoi progetti. Mentre dirigeva di persona la ricostruzione di San Pietro e dipingeva il "San Michele" e la "Perla" (34) per il rè di Francia e la "Trasfigurazione" per il cardinale de' Medici, principi, banchieri, aristocratici e prelati gli sollecitavano altri lavori di suo pugno. A non minor sforzo erano sottoposte le energie dei suoi allievi, che erano intenti a ricoprire le pareti delle "Stanze" e i soffitti delle "Logge" con dipinti immortali, a costruire palazzi e ville, a progettare giardini, decorare facciate e logge con rilievi di stucco dorato, a scavare antiche rovine e a percorrere in lungo e in largo il Lazio, la Campania e la Grecia in cerca di motivi architettonici classici. Nella storia dell'arte non si è mai saputo ne mai si saprà di un laboratorio così attivo.


NOTE

26 _ Cfr. Claude Phillips, "A Bronze Relief in thè Wallace Collection", nel "Burlington Magazine" del febbraio 1904, pp. 111-124; Thode, ibi, marzo 1904, p. 215; Etienne Michon, Un Bas-relief de bronze du musée du Louvre, Parigi, 1905.
27 _ Le vie di Borgo Nuovo e Borgo Vecchio, che delimitavano la cosiddetta Spina di Borgo, sono state obliterate dagli sventramenti operati per il tracciamento di via della Conciliazione (n.d.t.).
28 _ Effettuata da Adamo Bossi nel 1844 nell'Archivio Urbano di Roma, Diversorum, vol. XXX.
29 _ La piazza Scossacavalli e tutti gli edifìci della Spina di Borgo nominati nei paragrafi successivi, compresa la casa di Raffaello, sono scomparsi in occasione dell'apertura di via della Conciliazione. In particolare il Palazzo dei Convertendi, che ospitava la casa di Raffaello, è stato demolito e ricostruito con il prospetto sulla medesima via (n.d.t.).
30 _ Sembra ben poco credibile che il nobile e ricco duca sia stato così ansioso di recuperare l'esigua somma di 40 ducati prestati al defunto artista per un quadro da lui lasciato incompiuto. Ancor più strano mi risulta il comportamento degli esecutori testamentari di liberarsi così in in fretta di una proprietà di valore per pagare debiti così insignificanti, quando è un fatto accertato; che Raffaello era morto discretamente ricco. Dal primo aprile del 1514, aveva percepito un salario di 300 ducati all'anno per la sovrintendenza della Fabbrica, che depositava presso il banchiere di corte, Simone Ricasoli; aveva poi ricevuto un compenso di 1200 scudi per ognuno degli affreschi delle Stanze. In un dispaccio dell'ambasciatore di Ferrara, scritto il giorno dopo la morte di Raffaello, l'ammontare delle fortune che questi lasciò viene valutato pari a 16.000 ducati, di cui 6000 consistenti in case e proprietà terriere. È quindi priva di fondamento la storia del Vasari del cardinalato offerto come compensazione per gli ingenti arretrati dovutigli dalla Camera.
31 _ Nel Breve di Leone x che sancisce l'acquisizione dell'immobile da parte di Pietro Accolti - pubblicato da Gaetano Milanesi nel 1860 in "Giornale storico degli archivi toscani" - viene riportato il cognome Son. Milanesi crede debba essere interpretato come Assonica o Sonica, vescovo di Capodistria. Tuttavia, i documenti esistenti nell'archivio di Santo Spirito riferiscono il cognome alla famiglia di origine veneta Zon o Zono (n.d.t.). 32 _ La proprietà era passata da Benvenuto Olivieri a un altro banchiere fiorentino, Strozzi, e successivamente ai cardinali Comendone, Spinola e Gastaldi.
33 _ Domenico Gnoli, La casa di Raffaello, in "Nuova Antologia", 1887, fasc. 11 (n.d.t.).

Per dati e considerazioni si rimanda al testo citato



500 anni dopo / Dati, considerazioni, proposte

Il Concordato del 1929, il riconoscimento del cattolicesimo romano come unica religione di Stato (*), lo sventramento dei Borghi e l'apertura di via della Conciliazione, sono tra gli atti salienti di un processo con il quale in epoca fascista la Santa Sede riemerge dal proprio isolamento e assume una presenza istituzionale nei confronti della società italiana.
In Roma, il nuovo stradone in asse con S. Pietro, significativamente allineato con Montecitorio (**) è proposto come il nuovo riferimento a scala urbana.
Tra i fini, quello di contrastare il ruolo simbolico, laico e nazionale, del Monumento a Vittorio Emanuele, (dalla Grande Guerra, il Vittoriano); e di ripristinare con una immagine monumentale, grandiosa e profonda, la presenza e il protagonismo confessionale della Santa Sede nel disegno e nello spazio, anche civile, della "Città Santa".

Resta un compito essenziale delle nostre istituzioni nazionali e locali stabilire e affermare i valori democratici e laici della Costituzione, pure nei confronti della Santa Sede. E ciò, non solo contrastando ingerenze nell'attività legislativa e nell'esistenza di una popolazione in gran parte neppure cattolica, ma anche reagendo a manifestazioni, segni ed atti che dall'immediato dopoguerra, specie dopo il sostegno dei comunisti all'Art. 7 della Costituzione, 1947 ***, sembrano legittimare una speciale tutela della Santa Sede su Roma e, più in generale, prerogative integraliste sul vissuto dello Stato italiano (****).
In merito alla sistemazione della Spina, vale notare che via della Conciliazione sbocca in piazza San Pietro in modo analogo ai boulevard parigini rispetto a piazza della Bastiglia. E che a nulla o a poco rispondono i propilei di Spaccarelli e Piacentini per rimediare con "un nobile interrompimento" neppure compiutamente realizzato a un problema avvertito, ma non a sufficienza, dagli stessi autori.
Il problema di occultare la visione continua di San Pietro lungo tutta la prospettiva aperta da via della Conciliazione resta comunque attuale e sentito dagli studiosi e cultori di Roma. Per i suoi significati civili e culturali, e per rivalutare lo spazio barocco del colonnato, resta uno dei fondamentali da studiare e riaffrontare; quanto meno in una concezione critica dell'indagine storica sulla città, mirata a individuare l'attualità di strutture e ruoli urbani; e, se necessario, nell'ipotesi di un possibile recupero di spazialità e di immagini del centro storico meno sfondate.

Una ipotesi correttiva, leggera e non dispendiosa, potrebbe essere quella di interrompere lo spazio continuo di via della Conciliazione con una disposizione coerente di elementi (padiglioni, gruppi scultorei, vasche o fontane con giochi d'acqua ...) disposti alle estremità della Concilazione, ai lati dell'incrocio con la strada che scende da ponte Vittorio, e in luogo del'antica piazza di Scossacavalli. Forme e materiali dovrebbero focalizzare (come la base della fontana dei Fiumi, o le Naiadi all'Esedra) l'interesse su spazi specifici e, comunque, non consentire la percezione della basilica fino al momento dell'affaccio da piazza Rusticucci, di nuovo a sorpresa, sul grande invaso del colonnato e sul fronte della basilica.
Si otterrebbero invasi lineari brevi e quintati, con calibrate possibilità di prospettiva laterale della cupola.
Il sistema centrale dei tre invasi (estraneo all'incrocio accennato), sarebbe solo pedonale; mentre la viabilità locale resterebbe risolta dalle due corsie laterali.



c*) Concordato, art. 4: "gli altri culti esistenti non sono tollerati conformemente alle leggi ..."; due anni dopo, 1931, si chiede di demolire la cupola della Sinagoga di Roma, ... (prima di Hitler al potere, 1932),
(**) V. Vannelli, "Economia dell'architettura in Roma fascista", Roma 1991, p. 346, fig. 447.
(***) Nel 1947, l'art. 7 della Costituzione è approvato con 350 voti favorevoli (democristiani, comunisti, qualunquisti, monarchici e parte dei liberali) contro 149 contrari (socialisti, repubblicani, azionisti, demolaburisti e alcuni liberali). Un colpo di scena è l'improvviso voltafaccia degli orchetti; i quali, anche dopo la conferma di Paietta ad una loro recisa opposizione, all'ultim'ora - per bocca di Palmiro Togliatti, Segretario del Partito Comunista Italiano, - dichiarano di votare a favore della formula cattolica.
(****) E' un dato che l'ingerenza politica della Chiesa Romana nei confronti del nostro paese sia, salvo pause, assai più perseverante, invadente e intollerante che in altri paesi a noi prossini, come la Francia, la Germania o la Spagna; specie in merito alle polItiche per la famiglia, la scuola e la sanità; per non dire dei diritti civili. Anche per questo resta difficile distinguere tra operato delle istituzioni e vissuto della nazione.

Per i riferimenti bibliografici rimando agli estratti.




Schema della Conciliazione nell'ipotesi delle quinte di interrompimento della visuale diretta del complesso della basilica, con giochi d'acqua e fontana in luogo della piazza Scossacavalli (di fronte alla casa di Raffaello).


Ruolo del Concordato nella definizione della proprietà e del disegno urbano (V. Vannelli, 1981, pp. 134 - 153)

Dati e considerazioni dell'autore sulla Questione Romana, il Concordato del 1929, la cupola della Sinagoga, la Spina del Borghi e via della Conciliazione (anche in relazione alla casa di Raffaello) si trovano in:

ECONOMIA DELL'ARCHITETTURA IN ROMA LIBERALE _ Il centro urbano , Roma 1979
ECONOMIA DELL'ARCHITETTURA IN ROMA FASCISTA _ Il centro urbano , Roma 1981
ROMA, ARCHITETTURA_La città tra memoria e progetto _ Il centro urbano , Roma 1998
ROMA, ARCHITETTURA_Da città dei papi a capitale d'Italia _ Il centro urbano , Roma 2001

RIFERIMENTI SISTINI NELL'IMPIANTO URBANO DI ROMA CAPITALE
In Atti del Convegno Sisto V e Roma Capitale (Istituto Nazionale di Studi Romani, 1987); in L'architettura, cronache e storia, fs. 022 , n.8/9, VIII_IX 1988, pp.616-629.
LA SISTEMAZIONE DEI BORGHI A FINE '800. Alcune premesse su via della Conciliazione
In Studi Romani, Anno XXXVIII, nn.3-4, Roma 1990, pp.360-376, con 8 tavv.f.t.
LA SPINA DEI BORGHI DOPO L'UNITA, Dibattiti, progetti e Questione Romana
Atti del Convegno Internazionale di Studi su L'Architettura della Basilica di S. Pietro: Storia e Costruzione, Roma 1995, in Quaderni del Dipartimento di Storia della architettura, Restauro e Conservazione dei beni architettonici 1994, Nuova Serie, fasc.25-30, 1995-97). Bonsignori Editore, Roma 1997, pp.425-434.




vv@valtervannelli.it


Valter Vannelli _ ROMA ARCHITETTURA / Letture e analisi | 1 settembre 2009