Valter Vannelli _ Roma , 2009 / ANTOLOGIA, 4, agg. 4.2010


grafici di Valter Vannelli, 1988 _ in rotazione

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FIGURE FRAGILI, parole e immagini, 3 _ 2015
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           I'm looking for the face I had before world was made.
      (YEATS, The Winding Stair)


  Valter Vannelli / 4   _ antologia

    Parole e immagini, 1948-2016 /   dedicate a Roma, ed a città e luoghi d'Europa.

     2009/10 _ 2016/1


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Professore dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma, dal 1972 al 2000 ha insegnato Progettazione architettonica nella Facoltà di Architettura / Dipartimento di Storia dell'architettura, Restauro e Conservazione.

segue in "Curriculum"





     da: PAROLE E IMMAGINI , d'ieri ed oggi _ Roma 2002

    Sono nato nel 1931 in Toscana, quando c'era la campagna, c'erano i grilli e le lucciole, e d'estate tra profumi di frutta le cicale stordivano i sordi.
    Mi sono accorto di me scoprendo il cielo dal giardino di una piccola casa, a Pescia, tra una collina verde d'ulivi e la vista aperta, oltre gli orti di un convento, sulle ultime case della città, a valle del fiume.
    C'era luce, silenzio, pace.
    ....
     I giochi con i cugini, rari, erano una festa; ma anche da solo stavo bene. Guardavo il cielo, avevo da fare e c'era un fratello più piccolo.
    Del dopo ricordo la noia della scuola, la tristezza dei collegi, i traslochi, le angustie di mia madre, la guerra, gli sfollamenti.
Ma anche il verde e i silenzi della montagna, le corse tra i viottoli e i fossi della piana; e le scorribande nei frutteti, tra i soldati tedeschi, i cannoneggiamenti, il passaggio del fronte, l'attesa e l'arrivo rumoroso e felice degli americani.

    continua


... figure fragili

Del vento la voce,
del sole la luce,
del mare il canto,
tra zoccoli di cavalli
scalpitanti su aspre
rocce roventi
ed eriche fragranti,
conosco.
Si scopre il mondo
presto al mattino
e l'anima dà certezza
di sè e delle cose.
Del filo all'altro capo,
figure fragili, sottili
come segni di vento,
sfiorano la sabbia del lido.
Qui ora di me
più cose intendo,
non il perchè.

2002


Ritorno

Vorrei perdermi
tra gli odori d'estate,
all'ombra del tuo seno
nel ventre che avvolge il mistero
che dà vita alla vita.

2001

Come luce

Forma del pensiero,
segno e accento di vita
che scuote le fronde
ed in nuove armonie
i voli e le onde ricompone,
sorge come luce la parola
e si disperde
dal fondo dell'anima.

2004

da: Valter Vannelli, "Parole e immagini"
Edizioni Kappa, Roma 2002




 da "Parole altre / 2002 - 2009"

Vigilia

Come onda che infranta s'acquieta,
ed echi di suoni lontani
le ombre cedono
al nulla della notte.

' 05



A sera

Rimpiango, d'allora,
i sentimenti portati per mano,
le parole dette con gli occhi,
il sottile vitale tormento,
un mattino di luce,
di una attesa perduta.
' 07


Si fa sera

Parole altre non ho, ma gioie e pene
e slanci brevi che l'età trattiene;
bene ne venne dal seguir l'amica voce
che dal profondo tuttora proviene.

Parole altre non so, ma so di sogni
che sciamano alti, voli da falene,
poi che i passi frenai e stanchi lasciai
i nervi e l'ossa, che il vigor trattiene.

I nervi e l'ossa, poi che animo e mente
ribelli all'angoscia mai trovan quiete
e mai cedono dal cercare il vero,
principio e fine di tanto mistero.
' 07

Quale dio

Quale dio, quale senso di noi resta
se di sé la memoria ha fine.
Scuote l'angoscia, sordo un rancore
dal profondo sale e l'anima raggela.
Che siamo, cosa mai ci attende
se dalla meta a un passo
di un cielo dimentico di sé
nulla di più sappiamo.
' 09


L'età preme

L'età preme e spaventa il peggio,
il non aver trovato il nesso
in una vita che fugge via,
il distacco da ogni nostalgia.
' 09


Randaran

Cielo, terra, acque,
dei e semidei, démoni e profeti,
al mio fringuello che più non veleggia
fuori dalle brache
e, come tutto di sé,
d'ogni vigor svilito
trabocca di rabbia repressa,
per un barlume di senso,
per un tocco di speranza,
ditelo con me: Ave, fratello.
' 09


Ernesta

Io, come te, giunti dove siamo,
ti rivivo come un tempo,
geloso di scoprire
che mi sorprendi ancora.
v. v. agosto ' 09

2004


da: Valter Vannelli, FIGURE FRAGILI, parole e immagini, 3  , 2015  

 

Il Tempo

Il Tempo si annulla gelido
come ghiaccio al sole.
Sospeso al tepore della vita
ogni istante
mi eterno anch'io.

1950
Tepore

Il sottile calore dorato
che il tuo corpo di luce riveste
la mano rende leggera
e la mente al sonno dispone.

1991



Senza verso

Luogo o sogno non sfuggono la pena
che lima la fiamma d'un cerino
fino a quando ogni lume si spenge
e all'illusione cede la speranza.

2001





ROMA ANNI '50
disegni dal vero, 1952_54 Roma dal vero, 1952/54


immagini in rotazione



Parte prima
agg. 1.6.2004


_ 1948 / 50
Maggio
Il collegio
Giovinezza
Grigiore
Fosse Ardeatine
L'attesa
Una casa
Il riserbo
Ansie
Il vuoto
L'amicizia
L'armonia
Ottobre
Il Tempo
Villa Adriana
Valle Giulia
... frammenti
Periferia
Un mondo nascosto
Appunti
Riflessioni

_ 1951 / 54
Stupore
Lievi e ridenti
Le fanciulle
Righe sparse

_ 1965
Campo di Fiori
Bancarelle
Tor' di Nona
Lungotevere



id. seconda
id.


_ 1983 / 84
Un dono
La forma

_ 1990 / 95
Bachi bachini
Tepore
L'ombra

_ 1998 / 2002
Laude
Le rondini
Ballata
Ad Ernesta
Tormenti e gioie
Il buio
L'arcobaleno
La vela
Trasparenze
Paesi
Il sole
Luoghi
Piatta
Gioia di vivere
Nostalgia
... e rimpianto
Assonanze
Fantasie
EbrÈzze e incanti
Un attimo e via
Come in sogno
Girotondo
Due cose
Il melograno
Sul surf, ...
Orizzonti

./.


A vela in due
La visita
Come rena
Come luce
La parola
Casentino
Il suo calor m'acquieta
Il silenzio
Un seme
La sera
PerchÈ?
La rete
Ave
Una danza
Senza verso Chimere
Ritorno
Miraggio
Al nulla
Estate
Amico mio
La condizione
Minute cose
Esser preso
... figure fragili
Quel dove
Dimmi, che sai?
Psyche
Bracciano
Come ieri
Un bene


_ 2002 / 2010

aaaytaaa
aaaaooiaa
... f
Quekhtve
Dime ge?
Phiuche


la città dei papi
in immagini di repertorio
_ il colosseo
_ acquedotto romano
_ piazza navona






             da: 1946 E DINTORNI _ Immagini della memoria , Iride (Rubbettino)  2006                          

13 x 21, pagine 196
Narrativa
ISBN 88-88947-54-X



RUBBETTINO
IRIDE Edizioni
La FELTRINELLI
internet BOOK SHOP, UNILIBRO
365BOOKMARK,
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1. Millenovecentoquarantasei
(delle chimere e del realismo)

La guerra era davvero finita

   
A un anno dalla fine di un conflitto mondiale, dalle sue crudeltà, paure e sofferenze, e dalle speranze e delusioni del dopo, le ferite più profonde erano quelle della pace. Anche per Luca. Lui, a maggio, aveva compiuto quindici anni. Non era più un ragazzo. Dopo i collegi, i traslochi e gli sfollamenti con la madre e il fratello, c’era stata la guerra vissuta da vicino; quella tra gli alleati bloccati nella piana lungo l’Arno e i tedeschi trincerati sulla linea gotica; e l’altra, quella civile, senza un fronte e senza tregua, tra fascisti e antifascisti. Il terrore, la violenza e l’egoismo anche vigliacco del prossimo ne avevano fatto un giovane consapevole; un giovane anche sicuro di sé, che non faceva a meno di sognare. Come tanti della sua età, maneggiava ordigni e residuati abbandonati nei fossi, obici, polvere da sparo e altro. E non aveva difficoltà a interloquire con i grandi; ma parlare con una ragazza lo metteva in soggezione, e un turbinio d’immagini lo confondeva, distraendolo da ciò che faceva o diceva. Vedeva ed era distratto. Pensava e intanto immaginava. Da qualche tempo, e non solo di giorno, avvertiva turbamenti e scombussolamenti tanto lucidi da esserne cosciente anche nel sonno. Erano il segno che stava crescendo e cambiando, nel fisico e nella mente; e che, come tutto intorno a lui, doveva aspettare.

   Sperduto nella folla accalcata di traverso alla lunga piazza del centro, Luca aveva ascoltato Nenni e altri candidati alle elezioni, venuti qua, si diceva, non solo da Pistoia e Firenze, ma anche da Roma. Di quelle cose non capiva più di tanto, ma n’era partecipe, ché bene o male si trattava del suo presente, e ancor più del suo futuro.
     C’era, anche in lui, il desiderio di buttarsi alle spalle le paure e i tormenti della guerra, il terrore dei rastrellamenti, l’orrore delle rappresaglie e dei tanti appesi ad un filo di ferro, padri e figli, non era un anno, agli alberi del viale lungo il fiume; e l’incubo dei bombardamenti e delle corse ai rifugi, nelle notti cupe illuminate dai bengala e dai lampi di quel fronte dell’Appennino che sembrava non cedere mai.

    In quelle stagioni già trascorse dall’aprile 1945 era cambiato tutto. La guerra era davvero finita, e questo era l’essenziale. Si stentava a crederci. Un rombo sordo, un colpo secco, una voce concitata, specie di notte, bastava per trasalire e spiare nel buio dalla finestra; come se ancora ci fossero il coprifuoco e l’oscuramento, e magari la guerra si fosse mai potuta vedere da lì; o per uscire e sapere. Per chi poteva, il volume alto della radio sui notiziari serviva anche a questo, a rassicurarsi che era proprio così, era finita. E tuttavia questa certezza non bastava ad allentare l’angoscia e le sofferenze dei tanti, per i quali il bisogno di fiducia e di speranza, l’una e l’altra legate a un destino comune, restava sospeso all’attesa di una persona, del ritorno a una casa, o anche soltanto a una condizione meno disumana.
    C’era quindi un nesso tra quei sentimenti che sapeva comuni, che Luca viveva ogni giorno con la gente, in coda come lui per un pezzo di pane, e i discorsi e comizi che si accendevano ovunque, a ogni angolo e occasione. A distanza di mesi, la solidarietà sortita contro un nemico comune per liberare e riscattare il paese impegnava le stesse forze nella sua ricostruzione. Così sembrava.
     Erano due generazioni, di padri e figli, reduci dai fronti e campi di prigionia della guerra segnata dall’Armistizio e da quella, anche partigiana, di Liberazione. Erano i dispersi sfuggiti a rastrellamenti e rappresaglie, i giovani non più ragazzi, che per libera scelta, o costretti dalle circostanze, si erano dati alla macchia e alla lotta clandestina; e i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, alle prigioni di quelli di Salò, alle detenzioni e purghe di paesi nemici e divisi.
    C’erano, infine, i mutilati, militari e civili. E i familiari, quelli dei renitenti alla leva fascista e gli altri, degli ostaggi d’ogni età e condizione, catturati, deportati, torturati e uccisi da milizie, brigate e masnade d’ogni risma. Tra le speranze degli uni e i timori degli altri, lo si sapeva, lo si diceva, stava nelle attese della gente che, passato il fronte, tornati dalla macchia o discesi dalle montagne, uomini e donne - braccati per mesi da nazisti e repubblichini - si sentissero legittimati dalla lotta e dai morti ammazzati a fare i conti con gli oppressori d’ieri; e con chi, avendo responsabilità pubbliche come monarchici e badogliani, a suo tempo non aveva preso partito contro i tedeschi.


  continua

da: 1946 E DINTORNI, Immagini della memoria
Iride-Rubbettino, settembre 2006










L'architettura è il luogo della materia e dello spirito dove terra e cielo si toccano. In questo sta il suo contributo all'esistenza.

Architettura: un frammento significante del tempo e dello spazio; un segno dell'intelligenza nell'immensità e nell'eternità; una creazione autentica della psiche, la cui forma e senso trascendono la natura. E' il modo con il quale il sentimento della vita e la coscienza dell'identità liberano l'imperativo umano della creazione al limite tra le funzioni della materia e l'autonomia numinosa della forma.

La psiche ha la capacità di immaginare e sentire oltre i limiti del tempo e dello spazio, in una contemplazione e rappresentazione di sé che non procede e non muta secondo le logiche della coscienza; si ché non consuma né tempo né spazio, e quindi ne prescinde.
    Proiezione di questo anelito all'identità ed autenticità, ed alla sopravvivenza di sé, l'architettura ne è un riflesso nella storia.


V V, 1984

Note in margine a letture di C.G.Jung


 

             Appunti e riflessioni                                                     Grafica e fotocomposizioni








Il carattere è il destino

Eraclito

... se ti dicono che una nontagna è stata spostata credici, ma se ti dicono che un uomo ha cambiato il suo carattere non crederci.

Hermann Keyserling, Das Reisetagebuch eines Philosophen, Munchen - Wien 1980 / Vicenza 1997

Quel che un uomo ha in mano è il proprio orientamento interiore verso il destino. I fatti esterni non bastano per capire la vita di una persona: bisogna conoscerne i sogni, il rapporto con la famiglia, gli stati d'animo, ....

Etty Hillesum, Diario: 1941 - 43, Adelphi 2003.

Un uomo deve pur sapere ciò che vuole e ciò che può: solo così mostrerà carattere e potrà compiere qualcosa di buono ...
Solo per esperienza possiamo imparare ciò che vogliamo e che possiamo ...
Il carattere acquisito ... non è dunque che conoscenza, quanto possibile profonda, della propria individualità: è l'astratto, chiaro sapere sulle qualità immutabili del proprio carattere empirico e sulla misura e tendenza delle proprie forze spirituali e fisiche, di tutte le forze e debolezze della propria individualità".


Arthur Schopenhauer, L'arte di essere felici, 3.

Immagini

Città, Ambiente e Architettura

Venezia S. Marco
Avignon Palazzo dei papi
Provence Costa Azzura
Abruzzo Paesaggio
Roma Pantheon
Firenze Firenze

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Ai miei studenti, d'altro millennio

Sapere di voi,
ancora e sempre,
è un piacere!



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