Professore dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma, dal 1972 al 2000 ha insegnato Progettazione architettonica nella Facoltà di Architettura / Dipartimento di Storia dell'architettura, Restauro e Conservazione.
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Da: Valter Vannelli, "ROMA, ARCHITETTURA _ La città tra memoria e progetto", Edizioni Kappa, Roma 1998 / testo della didascalia della illustrazione di pagg. 18-19: - Biblioteca Vaticana, Roma sistina nell'affresco di Guerra e Nebbia, 1589:
"La struttura della città sistina esprime una scelta strategica: complessa, enigmatica, esoterica
nella scientificità sottile dei contenuti; pragmatica, realistica, concreta nei modi
operativi.
L'affresco evidenzia su una unica direttrice rettilinea piazza del Popolo Trinità
dei Monti, S.M. Maggiore e S. Giovanni, come se il terminale reale di quel rettifilo
non coincidesse con S. Croce ma con l'antica sede pontificia in S.Giovanni in Laterano.
Quale segno urbano il più profondo e visibile dell'affresco, esso induce a pensare ad un collegamento
ideale e diretto tra piazza del Popolo e S. Giovanni; un rettifilo - in realtà non retto -
incentrato sulla via Paolina e sul Quirinale; un collegamento diretto che Sisto V non ha motivo di fare (lo si farà
in parte all'inizio del '900, prolungando via del Babuino e sottopassando il Quirinale)
ma che la cultura romana di fine '500 ha motivo di simulare come immagine e allegoria
del nuovo assetto - policentrico, lineare, aperto - assunto in oltre un secolo con un programma incerto ma esteso, dalla ormai rinnovata e quindi moderna capitale del cattolicesimo.
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da: Istituto di Studi Romani, "LE PIANTE DI ROMA" a cura di Amato Pietro Frutaz _ Pianta CXXXI, Roma nel sec. XVI, Tav. 259
"1588/90 _ Veduta di Roma con il piano regolatore di Sisto V, affresco nel Salone Sistino della Biblioteca Apostolica Vaticana". L'affresco sta
sopra la porta che immette in altre due Sale Sistine. Le sue misure, m 1,40 x m 4,80.
Le immagini di Bordino, Guerra e Nebbia riflettono pratiche astrologiche, misticismi,
iconografie e simbologie devozionali. La loro struttura, ambigua, ha origini da saggezza filosofica e da dottrina religiosa,
che si esprimono con immagini e pensieri teosofici, a contatto con Riforma e Alchimia.
È questa struttura che ci induce a scavare, dopo secoli, nel loro senso.
Le strutture urbanistiche di Bramante e Michelangelo, e poi del Fontana, hanno origine da forme della
conoscenza che stanno per segnare soluzioni di continuità. Il pensiero, nel suo farsi,
procede da un sapere meno unitario, da realtà policentriche, contraddittorie, empiriche.
Il potenziale di quelle strutture a fine '500 fa pensare a sintesi sempre meno alternative a quella detta sistina. L'assetto della città è quindi il risultato di
operazioni anche consapevoli, mosse da procedimenti psichici animati da tensioni e archetipi nuovi.
Di questa realtà si vivono i contenuti e si attuano i segni fondativi, i cui sviluppi sono affiorati
alla soglia della coscienza e stanno per connotare in modo originale lo spazio della città.
Per Roma, questa operazione implica il riuso di un patrimonio di strutture esistenti,
in un sistema a scala urbana che le risignifichi tutte in una identità unica: come la Chiesa".
continua in
Valter Vannelli, "ROMA, ARCHITETTURA _ La città tra memoria e progetto, Edizioni Kappa, Roma 1998
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